Papé satàn, papé Satàn aleppe

Un nuovo riferimento a Filippo IV e prova aggiuntiva del legame di Dante ai Templari.

Pluto nell’Inferno

Un ulteriore dato che conferma la fortissima avversione di Dante nei confronti di Filippo IV di Francia, in quanto da lui considerato il peggiore nemico dei Templari è stato recentemente fornito da un saggio di Alberto Miatello intitolato: Il VII canto dell’ Inferno della Divina Commedia e la soluzione filologico strutturale e matematica dell’enigma plurisecolare di Pape Satàn, pape Satàn aleppe  e che si può trovare sul web a questo indirizzo:

https://www.academia.edu/44454733/Il_VII_canto_dellInferno_della_Divina_Commedia_e_la_soluzione_filologico_strutturale_e_matematica_dellenigma_plurisecolare_di_Pape_Sat%C3%A0n_pape_Sat%C3%A0n_aleppe_

L’autore fa riferimento alla famosa croce dantesca del “Papé Satàn, papé Satàn aleppe”. Sono le parole di Pluto all’inizio del VII canto dell’Inferno.         

Al giungere di Dante e Virgilio nel quarto cerchio i due vengono accolti minacciosamente da Plutone, antico dio greco, dio delle ricchezze e signore dell’oltretomba, dove appunto sono conservate le ricchezze della terra. Dante attribuisce a Plutone prerogative diaboliche e lo descrive come un demonio guardiano al cerchio dove sono punite le anime che fecero cattivo uso delle ricchezze.   

Il dio Plutone nella classicità

La voce è chioccia, cioè rauca e rabbiosa, la faccia del demonio tumida per l’ira (enfiata labbia) e Dante si spaventa, ma Virgilio lo conforta subito dicendo : non ti noccia la tua paura; ché, poder ch’elli abbia, non ci torrà lo scender questa roccia. Poi si rivolge al demonio dicendogli: ”Taci, maladetto lupo; consuma dentro te con la tua rabbia. Non è sanza cagion l’andare al cupo: vuolsi nell’alto, là dove Michele fé la vendetta del superbo stupro.» Ascoltando la ripetizione della formula invincibile già impiegata nei confronti di Caronte e di Minosse (vuolsi così colà dove si puote/ciò che si vuole, e più non dimandare) Pluto si mostra sconfitto e si sgonfia come una vela di nave cade giù, quando il vento ne spezza l’albero a cui sono legate. Le parole di Pluto apparentemente sono incomprensibili. Si tratta certo di un grido di meraviglia e di dolore, di minaccia ai due poeti e d’invocazione a Satana, nel vedere un vivente, Dante, scendere all’Inferno, ma gli studiosi si sono scervellati per secoli senza giungere a un parere unanimemente condiviso sul loro significato. Le interpretazioni sono state numerose e suggestive.                                                                    

C’è chi ha tentato una libera interpretazione tramite la lingua ebraica e spiegherebbe così: “Vomita, bocca di Satana, fiamme di fuoco” (Schier);  “Splendi, aspetto di Satana, splendi aspetto di Satana primario (Lanci); “Qui, qui, Satana è imperatore” (Venturi, Cesari).                                                                                                    

Altri userebbero  la lingua greca (pensando al greco άλεφ): “Ah, ah, Satan, ah, ah Satan, primo e invitto” (Benvenuto), oppure interpretando alleppe come  derivato dal verbo greco λείπω che vorrebbe dir fuggire “ C’è Satana, c’è Satana, fuggite.”                

Altri hanno pensato all’arabo: “E’ la porta di Satana, è la porta di Satana, fermati” (Troni). Molti hanno pensato al francese anche per il fatto che Dante si dimostra nei suoi scritti essere buon conoscitore di questa lingua, come dimostrano i numerosi gallicismi (ben 437 lemmi secondo Viel) riscontrati in tutta la Commedia.                     

La scelta della lingua francese per interpretare questo endecasillabo è sostenuta da diversi studiosi. Si inizia Cellini con: “Paix paix, Satàn, paix paix Satàn, allez! paix”(Cellini, Vita II 27), seguito poi dal Perazzini e dal Dionisi; dal Vigliecca: ”Pas paix, allez, pas paix;  da Scolari e Ventura: “Paix Satàn, paix Satàn, à l’épee” da Fantoni:  “Paix Satàn, paix Satàn, à l’épais (al sodo)” ; da Coltelli : “Paye ca tant, allez, paye” (v. Ettore Caccia in “Enciclopedia dantesca” 1970).                              

Alberto Miatello, nel suo recente saggio, ripropone l’interpretazione “Paix Satàn, paix Satàn, à l’épee” (traduzione: Non pace, Satana, non pace, Satana, alle spade”), e la supporta anche con nuovi riferimenti filologici, strutturali e matematici molto convincenti.                                             

                                             

Minosse

L’episodio di Plutone viene ad inserirsi, così, in uno schema strutturale e narrativo che comprende gli incontri con tre demoni, nella prima parte dell’Inferno: Caronte, Minosse e Plutone, rispettivamente nei canti III, V, VII dell’Inferno distanziati di un canto tra di loro. Ognuno di questi episodi si articola in cinque identiche fasi: a) Grida del demone; b) messaggio intimidatorio; c) imperativo in forma negativa (“non”); d) parafrasi di un passo del vangelo di Matteo; e) intervento risolutivo di Virgilio.     

Caronte

Questo accostamento tra i tre incontri corrisponde perfettamente ai criteri di simmetria numerica e corrispondenza  utilizzati di solito dal Poeta. Ma perché l’utilizzo della lingua francese nell’episodio di Pluto? L’ipotesi di Miatello, che mi sembra centrata e brillante, è che questo sia un riferimento a Filippo IV di Francia, presentato con la solita dissimulazione dantesca sotto le apparenze del demone Pluto. Filippo, da Dante sempre denigrato pur senza nominarlo direttamente (mal di Francia… chi Francia regge…la sua rapina…nuovo Pilato…feroce drudo…induce duolo…falseggiando moneta…morrà per colpo di cotenna…quel gigante che con lei delinque) sarebbe qui personificato in Pluto per indicare la sua smodata sete di ricchezze. Se riflette che Dante scrive questi versi dell’Inferno nel 1307 e che appunto nella seconda metà di quell’anno Filippo aveva scatenato la sua aggressione nei confronti dell’Ordine dei Cavalieri Templari, facendo arrestare i Cavalieri e confiscando tutti i loro beni, e conoscendo la profonda devozione di Dante nei confronti dell’Ordine e il suo rancore nei confronti di Filippo IV è comprensibile la sua raffinata vendetta che mette in scena nel VII canto dell’Inferno. Per questo lo fa rappresentare allegoricamente dalla figura mitologica di Pluto, in questo passo trasformato in demone dell’Inferno. Pluto parla francese, appunto la lingua di Filippo IV.

Filippo IV

L’interpretazione di questo passo dell’Inferno costituisce un ulteriore indizio del malanimo di Dante nei confronti del re francese, motivato dal suo legame spirituale con l’Ordine dei Templari.

 

 

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