Probabilmente la fidelizzazione di Dante nei confronti dell’ordine dei Cavalieri del Tempio nasce dalla loro figura simbolica che accomunava in simbiosi originale il ruolo di monaci (caratterizzati dalla rinuncia ai beni mondani con prevalente interesse per la vita spirituale, quindi rappresentanti ideali della Chiesa spirituale) al ruolo di guerrieri della fede (ruolo di difensori delle Cristianità, rappresentanti dell’Impero). Nella visione di Dante prevaleva la teoria dei due Soli che considerava l’autorità papale e quella imperiale di pari dignità, ma riferite ad ambiti diversi. I due fini dell’Umanità, voluti da Dio erano la felicità terrena e la felicità celeste (beatitudo temporalis e beatitudo aeterna). La prima si poteva acquisire seguendo la guida dell’Impero (simbolizzato dall’Aquila), la seconda seguendo la guida del Papato (simbolizzato dalla Croce). Il cavaliere templare possedeva la peculiare caratteristica di esprimere entrambi questi simboli. Hugues de Payns, fondatore dell’ordine, aveva creato una figura nuova e originale: il monaco cavaliere. Lo stesso san Bernardo si pronuncia in questo senso: “Al punto che avrei quasi dei dubbi rispetto al nome più conveniente per definirli: monaci o cavalieri, se non mi sembrasse più adeguato attribuire a loro l’uno e l’altro temine. Infatti è possibile rendersene conto: non manca a lor né la bontà del monaco, né il coraggio del cavaliere”.