Un altro numero sacro che si ritrova nella tradizione dei Cavalieri Templari è il numero nove. Questo numero compare frequentemente associato al loro ordine. Innanzitutto i primi cavalieri templari erano solo nove. Questi stessi servirono in abiti secolari per nove anni.
Il numero nove compare nuovamente associato alla storia dei templari nel De Laude novae militiae opera di Bernardo da Chiaravalle scritta per elogiare in nuovo ordine monastico (ufficializzato nel 1129). Il De Laude novae militiae, giarda caso è suddiviso in 13 capitoli (altro numero che, come abbiamo già visto, compare frequentemente nella vita dell’Ordine) e in questi Bernardo descrive uno strano itinerario in Terra santa, suddiviso in nove tappe, partendo da Gerusalemme, dove morì Cristo, sino a Betania, la città dove Lazzaro risorse. Il numero nove compare anche all’interno della Regola primitiva dell’Ordine del Tempio, costituita da 72 articoli ovvero 7+2 = 9. Non casualmente il nove (multiplo di tre) è uno dei numeri più cari a Dante.
Nove sono i cerchi infernali. In nove parti e suddiviso il Purgatorio. Nel Paradiso sono nove cieli sovrastati dall’Empireo (il decimo). Nove era il numero di Beatrice: a nove anni la incontra, dopo altri nove la rivede e gli porge il “saluto”. Questo si verifica alla nona ora del giorno. La morte di Beatrice avviene il nono giorno del nono mese dell’anno in cui il numero dieci si era rivolto nove volte nel secolo (1290).
Riguardo al nove occorre ricordare quello che dice Dante nella Vita Nuova: “Il numero tre è la radice del nove, però che, sanza numero alto alcuno, per sé medesimo fa nove, sì come vedemo manifestamente che tre via tre fa nove. Dunque se lo tre è fattore per sé medesimo del nove, e lo fattore per se medesimo dei miracoli è tre, cioè Padre e Figlio e Spirito santo, li quali sono uno nove, cioè uno miracolo, la cui radice, cioè del miracolo, è solamente la mirabile Trinitade” (VN XXIX).
Solitamente, la maggior parte dei commentatori chiosano che la fonte della numerologia dantesca consistesse nel pensiero di Pitagora. In effetti lo cita più volte, nei suoi scritti come “filosofo nobilissimo” che considerava il numero come essenza di tutte le cose.
Tuttavia occorre ricordare come la numerologia fosse una caratteristica degli scrittori del medioevo ed egli l’aveva ricavata non solo da Pitagora, ma anche da autori cristiani.
In primis da Agostino (De ordine, de musica, De libero arbitrio, De vera religione) il quale afferma che numero e sapientia sono “una sola e medesima cosa”, da Bonaventura, di cui Dante ben conosceva l’opera più importante, Itinerarium mentis in Deum, e da cui evidentemente trasse ispirazione per scrivere il proprio itinerario spirituale nella Commedia.
Altri autori cristiani avevano raccolto le più importanti interpretazioni numerologiche nel formulario di Eucherio e dei suoi epigoni. Ugo di San Vittore stabilì, poi, le regole dell’aritmologia. Questo a conferma della ricchezza delle fonti culturali di Dante e del suo tentativo di una grandiosa sintesi della cultura pagana con quella cristiana.
Tutti questi dati ci fanno intuire comprendere che tra Dante e l’Ordine dei Templari esistesse, anche nel culto dei numeri sacri, una profonda sintonia, che nasceva dalla dottrina dei primi Padri della Chiesa, che per primi avevano additato ai fedeli l’importanza e il significato di alcuni numeri simbolici.